giovedì 27 dicembre 2012

[docs] Grandi Impianti

archivio di lavoro foto giuseppe ilacqua
IMPIANTI
Complesso Monte Amiata [quartiere Gallaratese] Aimonino Arch.

































venerdì 21 dicembre 2012

buon 2014

  • Italie - Rhome4 DenCity
(Università degli Studi di Roma TRE, Rome)

lunedì 5 novembre 2012

Benvenuto alla casa

Benvenuto a casa, Mr. RFID
di Bruce Sterling
Le prime immagini visionarie di «smart building» erano basate sui modelli di automazione classici del xx secolo:con un'intelligenza artificiale poco costosa e infaticabile si poteva avere un «custode» ideale. Tuttavia le abitazioni intelligenti si sono rivelate un fallimento, poiché l'intelligenza artificiale non ha mai funzionato davvero.
Da allora sono stati compiuti enormi passi in avanti nella tecnologia software per la progettazione edile, nell' acquisto on-line e nel settore della logistica digitale relativa alla spedizione dei materiali. Alcune aziende di software aspirerebbero addirittura alla «gestione totale del ciclo di vita». Nonostante questi progressi, la casa intelligente non è mai divenuta realtà: l'impatto diretto della tecnologia digitale sulle persone o sugli ambienti intemi è stato quindi relativamente limitato.

La situazione potrebbe però cambiare. I motori di ricerca sono applicazioni molto più potenti delle false promesse dell'intelligenza artificiale. Google è dappertutto e, con le sue catalogazioni di termini ricercati su internet, traccia con estrema precisione la mappa digitale dell'intero pianeta. Google Sketchup armeggia addirittura con la progettazione edile. Sebbene l'ipotesi di una «smart house» non sia realistica, quella di una «searchable house» sembra più plausibile. 
Un comune motore di ricerca individua, nella rete, stringhe, tag o parole. Un «locative engine», un motore di ricerca legato a un preciso ambiente fisico, individua invece segnali elettronici emanati da oggetti reali in uno spazio tridimensionale. Basta combinare questi due strumenti e la pratica dell' architettura, da sempre incentrata sullo spazio e l'assemblaggio di elementi materiali, appare trasformata.
Un tag Radio Frequency Identitification (RFID), detto anche «Arfide», è un chip di silicone molto piccolo e poco costoso provvisto di una minuscola antenna radio. Tutti i tag Rfid sono identificabili perché sono stati originalmente inventati per sostituire i codici a barre. Alcuni chip dalle dimensioni maggiori e con più funzioni,come i Real Time Location System (RTLS), possono anche essere collocati fisicamente nello spazio e piazzati sugli oggetti. In tal modo i computer potrebbero tenere dei registri di attività degli oggetti relativi alloro campo d'applicazione nello spazio e nel tempo, trasformando la casa in una miniera di dati.

L'architettura «Arfide» potrebbe apparire all'occhio umano come nulla di sensazionale,ma un computer la vedrebbe come un lento accumularsi di elementi etichettati con la tecnologia digitale, come un' architettura di informazioni ordinate in termini di spazio. Il sito dell'edificio potrebbe essere identificato grazie alla tecnologia satellitare Gps e ai servizi di mappatura presenti su internet. La struttura sarebbe definita sia dal suo «blueprint» digitale sia da un preciso inventario di ogni elemento. I servizi, i tubi e l'impianto elettrico sarebbero anch' essi registrati, etichettati e resi visibili al computer anche attraverso i muri. Il piano degli spazi si rivelerebbe attraverso i movimenti degli oggetti e delle persone all'interno della struttura. Nulla andrebbe perso in questa rete di «localizzabilità».
Le persone non dovranno più ricordarsi dove hanno messo le loro cose, dovranno semplicemente chiederlo al computer, il quale, in modo alquanto «koolhaassiano», documenterà la struttura e gli oggetti in essa contenuti, come un flusso di spazi al rallentatore.
Come prevede il teoricoAdam Greenfield, in una simile prospettiva lo spazio sarà suddiviso in scale di grandezza che andranno dal «bodyware», ovvero gli oggetti sulla persona stessa, a quelli nella stanza, in strada, nella città, nella nazione e nel mondo intero, producendo così enormi serbatoi di metadati ordinati in scale frattali.

A un'innovazione radicale, in genere, segue poi il classico percorso di adattamento.Inizialmente, è applicata sull'oggetto come un elemento accessorio, poi viene inserita al suo interno e, infine (se l'innovazione si dimostra convincente), i mezzi di produzione vengono nuovamente ingegnerizzati per far fronte a questa nuova potenzialità. Ad oggi, i tag Rfid rappresentano una tecnologia logistica di nicchia, ma sono dotati di un notevole potenziale architettonico, considerando che gli edifici non sono altro che elementi assemblati in uno spazio olistico. I moderni chip Rfid sono piazzati su etichette di carta adesiva. Si tratta di una tecnologia «slap and ship» (termine riferito al l'attività di posizionamento dei chip stessi sulle merci, prima che queste escano dal magazzino del fornitore e siano spedite a quello del distributore) molto simile a quella del codice a barre elettronico.

Oggi sono una specie di ornamento della superficie degli oggetti, ma in un futuro potrebbero essere inseriti negli oggetti stessi,in tutti gli oggetti. Mattoni, travi, singole piastrelle... Potrebbero anche essere applicati mischiandoli alla vernice. Un' architettura «Arfide» veramente consolidata potrebbe persino superare la fervente immaginazione di Archigram. Una Googleopoli, una città pop-up ispezionabile, in cui ogni elemento della struttura, dalle tegole rotte al1'oscurità freudiana della rete fognaria, potrebbe essere inventariato con un semplice click del mouse. Un edificio «Arfide» si comporterebbe come una sorta di Wikipedia congelata. Non avremmo più una casa cablata , bizzarria di un periodo ormai dimenticato da tempo, bensì un network globale di spazi in grado di offrirci un riparo.

martedì 30 ottobre 2012

green Box telematico


MED in Italy sarà visitabile a BolognaFiere per tutta la durata di Smart City Exhibition (Bologna, 29-31 ottobre 2012). Saranno presenti componenti del team che ha realizzato il prototipo abitativo per illustrarne le caratteristiche, in particolare quelle che fanno della casa un nodo delle nuove reti intelligenti digitali delle città. La struttura, infatti, è dotata di un "green Box", una vera e propria scatola nera, collegata a una rete intelligente di sensori wireless a basso voltaggio, che lavora in modo integrato, monitorando tutte le prestazioni e caratteristiche della casa, dal comfort al bilancio tra produzione e consumi elettrici, segmentati sulle singole utenze, fino allo "stato fisico" di porte e finestre e agli impianti. 
Durante Smart City Exhibition MED in Italy sarà visitabile anche “virtualmente”: infatti tutte queste informazioni raccolte dal “green Box” e inserite in un database storico verranno interrogate e trasmesse via web in tempo reale grazie a un innovativo sistema 3D in rete, su protocollo WebGL, attualmente tra i campi di ricerca di aziende come Google. Il tutto realizzato mettendo in campo un sistema che usa protocolli di rete, aperti, abbassando i costi e rendendo di fatto estendibile il suo uso al patrimonio edilizio, con lo scopo ultimo di aumentare la consapevolezza degli utenti, mettendoli al centro del sistema di controllo e monitoraggio del proprio ambiente di vita.
Per la visita “virtuale” di MED in Italy: http://medinitaly.eu/it/node/1132

lunedì 29 ottobre 2012

specialisti ignoranti

Giulio Giorello
114-115 - le due culture, snow.


Singolare paradosso: ciò che aveva fatto della “Repubblica delle Lettere” una società di spiriti liberi (una vera e propria “società aperta" che precede quella politicamente realizzata nella nostra stessa Modernità) avrebbe infine prodotto una società chiusa di specialisti, in cui i cultori delle varie discipline fanno grande fatica a intendersi. Nel suo saggio, che e degli anni cinquanta del secolo scorso, Snow concede ancora che gli scienziati di diversa matrice - matematici, fisici, biologi eccetera - abbiano una sorta di cultura comune, almeno in senso antropologico: pur non riuscendo a capirsi appieno, condividono standard o finalità. Si riconoscono nelle stesse norme metodologiche, hanno lo stesso codice di onestà
intellettuale.
Scrivendo, invece, negli anni ottanta il grande storico della scienza Gerald Holton ha rimarcato come questa unità culturale fosse ormai spezzata, producendo una proliferazione di “sottocomunità di esperti” prive di riferimenti e motivazioni non settoriali — una vera e propria “minaccia” a quello stesso ideale di moderna società aperta che pure la scienza aveva cosi potentemente contribuito a creare. L’imporsi di varie “tecnoscienze" sembrerebbe aver concretizzato l’incubo di un heideggeriano potere degli apparati, totalmente svincolato dall’impaccio della “verità”. ln tale contesto, parrebbero aver ragione quei rappresentanti dell’“umanismo" che vedono negli scienziati delle infelici figure di «specialisti ignoranti».
Quest’ultima locuzione e, ovviamente, di Snow; il quale, per altro, aveva buon gioco a mostrare come molti “umanisti” fossero anch’essi, a modo loro, degli “specialisti°°, e soprattutto degli “ignoranti”. In una vena pessimistica, sarei tentato di dire che, almeno in Italia, le cose sono ancor più complicate sia per il retaggio crociano (la scienza, per Benedetto Croce, era semplicemente «un libro di ricette di cucina»), unito all’ingombrante presenza degli eredi di coloro che hanno condannato Galileo, sia per la nascita di discipline ridotte a equivoco, come la cosiddetta bioetica: un settore ove si sprecano citazioni del “principio di precauzione” stile Jurgen Habermas (se si adottano tecnologie e, più in generale, linee di intervento solo quando si è assolutamente certi che non vi sia rischio alcuno, ci si condanna di fatto a un perpetuo stato di non azione - per usare un’immagine del vecchio ]ohn Locke: «E come se ci lasciassimo morire di inedia a casa nostra, perché non siamo assolutamente sicuri che  non ci sia qualche pericolo in agguato per strada»).

lunedì 1 ottobre 2012

Med in Italy sul podio

Med in Italy sul podio del Solar Decathlon Europe 2012

Med-in-italy-terzo-aE' una grande vittoria e una grande soddisfazione vedere come lacasa mediterranea completamente made in Italy sia riuscita a scavalcare molte case del nord Europa, paesi noti per la loro capacità di concepire edifici altamente ecosostenibili e classificarsi terza alle olimpiadi dell'architettura sostenibile. La casa MED in Italy, frutto di una collaborazione tra studenti, ricercatori e docenti dell'università di Roma Tre, la Sapienza di Roma e la Libera Università di Bolzano, si è aggiudicata numerosi premi, tra cui il primo premio per la prova di "Sostenibilità", secondo premio per "Funzionamento della casa", il terzo per la prova di "Architettura", "Innovazione", "Comunicazione e Sensibilizzazione Sociale" e "Bilancio energetico".
Questo successo è il risultato di ben due anni di ricerca ed attenta progettazione, durante i quali il numerosissimo gruppo di lavoro ha saputo trovare la giusta sinergia per portare a compimento un'opera del genere.
Il Solar Decathlon Europe ha monitorato per due settimane le 18 case provenienti da tutto il mondo ed una giuria di esperti di volta in volta, per ciascuna delle 10 prove, ha assegnato un punteggio ad ognuna delle case partecipanti. 
La casa Med in Italy prende ispirazione dalle abitazioni tipiche dei climi caldi mediterranei, è stata quindi concepita per proteggersi più dal caldo che dal freddo. Per questa ragione la scelta del patio chiuso verso l'esterno ha un motivo, oltre a quello di creare un luogo intimo e privato, anche quello di proteggersi dai venti caldi o freddi, creando un microclima interno gradevole e piacevole. Come noto, le case tipiche del mediterraneo sfruttano la massa della parete per accumulare il calore durante il giorno e restituirlo poi durante la notte, in modo da avere l'interno fresco. Allo stesso modo la Casa Med in Italy si ispira a questo concetto tradizionale del passato e lo riutilizza guardando anche al futuro e all'innovazione.
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Tutta la struttura in legno è prefabbricata e modulare, tale da poter essere montata e smontata facilmente, ma anche portata in veicoli di dimensioni standard, senza così dover ricorrere a trasporti eccezionali. Infatti la casa Med ha viaggiato per gran parte del viaggio in treno, risparmiando così circa 5 tonnellate di CO2.
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La leggerezza della struttura in legno facilita il trasporto e il montaggio ma non conferisce alla parete la massa e l'inerzia termica tipica delle case mediterranee. E' stata quindi concepita una soluzione per sopperire a questo problema. Le pareti della casa, una volta montate, funzionano come delle casseforme e vengono quindi riempite di materiale pesante locale, come terra o sabbia. In questo modo durante l'inverno, quando il sole è più basso, entra all'interno delle stanze dai vetri delle finestre a sud e va scaldare le pareti accumulando il calore che viene poi rilasciato durante la notte. In cambio, durante l'estate, quando il sole è più alto, la casa è progettata in modo tale da non far entrare luce diretta e così le pareti non si surriscaldano, semplicemente si aprono le finestre a sud e a nord e si garantisce una ventilazione naturale che rinfresca tutta la casa.
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I mobili della casa sono stati progettati dalla facoltà di Disegno Industriale della Sapienza di Roma e si possono assemblare senza chiodi né colle, sono quindi totalmente riutilizzabili e riciclabili al termine del loro ciclo di vita. Questa filosofia si rispecchia in tutti i materiali della casa Med, come per esempio la cucina, fabbricata con scarti di lavorazione di altre cucine o il pavimento del patio, prodotto con residui della produzione dell'olio e materiale plastico riciclato, ma anche la stessa struttura in legno e la stratigrafia della parete, formata dalla terra, da fibra di legno come isolante e canapa come rivestimento esterno.
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Tutta la casa è automatizzata da un sistema domotico che capta i dati della casa come temperatura, illuminazione, umidità, qualità dell'aria, e li trasmette al computer dal quale l'abitante può controllare tutto. La casa è assemblabile sia in verticale che in orizzontale ed è adattabile a più tipologie di utenza, dalla coppia (45 mq) alla famiglia numerosa (120 mq). Per chi non fosse riuscito ad andare fino a Madrid, la casa di MED in Italy sarà presente anche al SAIE di Bologna interamente costruita dal 18 al 21 ottobre.

venerdì 6 luglio 2012

l’ultima frontiera dell’ars

Quando si diceva arti visive, s’intendeva la pittura e – alla giusta distanza dettata dal loro carattere più prossemico – la scultura e l’architettura. Adesso, quando si dice visual art, vengono in mente operatività tecnologicamente avanzate, post-chirografiche: qualcosa che c’entra più con il cad (computer-aided design) e la cgi (computer generated imagery) che non con i tradizionali supporti pre-elettronici. E non si tratta di dire, come fa Lev Manovich, che i new media sono la traduzione digitale degli old media analogici: la digitalità non è ancora una cultura acquisita senza residui e resistenze, bensì un orizzonte d’attese tutto da conquistare, come una sorta di far west dell’immaginario tecnologico, l’ultima frontiera dell’ars gratia artis.

lunedì 25 giugno 2012

cloud energy google


 Centralizzare in pochi punti l’elaborazione, lo storage dei dati, rendere efficiente il loro accesso remoto con apparati di rete moderni - non è un caso che ipv6  e spdy  siano in rolling out proprio in questo periodo.Se paragonassimo la tecnologia cloud alla distribuzione della corrente elettrica i risultati sarebbero evidenti: nessuno ha un generatore tra le mura domestiche o in ufficio, non sarebbe in primo luogo economico. 

La tecnologia web ha un costo ambientale non indifferente, un po’ come una enorme “biblioteca” ha dei costi di gestione. Google è consapevole dell’impatto della sua tecnologia, per questo ha deciso di muoversi per migliorare la situazione e, ovviamente, per presentare i risultati ottenuti.
Sono disponibili almeno 3 grandi risorse che testimoniano la bontà e l’impegno speso:1. un sito dedicato all’ overview dei datacenter2. il portale Google Green3. un whitepaper di sintesi  sull’efficienza energetica dei sistemi
 Google sta intervenendo in diversi ambiti, dal risparmio alla produzione di energia rinnovabile. Il primo grande risultato è che, parlando in termini di data center, quindi senza considerare la parte di corrente spesa nelle infrastrutture di rete, utilizzare i prodotti web erogati per un mese costa, in consumo, l’equivalente di 3 ore di una lampadina da 60 Watts. Se al calcolo sommiamo la corrente elettrica generata da Google stessa, scopriamo che dal 2007 ad oggi l’impatto ambientale dei data center è pari a zero.
Un mese di Google Apps costa quanto una lampadina da 60 Watts accesa per 3 ore  Studi indipendenti  confermano che Google utilizza meno dello 0.01% dell’elettricità globale. Questo risultato è stato possibile grazie alla realizzazione di un’architettura virtuosa che consente di risparmiare il 50% di consumo elettrico rispetto a strutture di calcolo analoghe.Altri punti a favore dell’azienda di Mountain View sono rappresentati dall’utilizzo di energia derivata da impianti eolici e solari; spesso le farm dei server vengono realizzate vicino ai generatori a vento per consentire di mantenere competitivo, anche per i fornitori, il prezzo delle energie rinnovabili, e la massima attenzione nella ricerca dell’efficienza energetica (che comprende quindi la misurazione del tasso PUE, un indice industriale usato per la stima dei valori energetici, il controllo dei flussi di aria refrigerante, l’aumento della temperatura media interna alla farm e l’impiego di fonti naturali di raffreddamento) hanno portato a zero l’impatto ambientale dei centri di elaborazione, come riportato anche dallecertificazioni ricevute  in merito.Un altro fattore chiave da considerare è il carbon offset, cioè la differenza tra l’anidride carbonica emessa e quella invece compensata. Non è possibile infatti evitare di rilasciare nell’atmosfera gas nocivi, tuttavia si può intervenire e pareggiare le emissioni acquistando o producendo energia da fonti rinnovabili ed aiutando anche altre aziende esterne ad entrare nel processo di risparmio: Google ha investito e sostenuto questi progetti indipendenti con campi di applicazione che vanno dalla raccolta dei rifiuti agli allevamenti di bestiame.
Esempio di carbon offset in un allevamento di bestiameGoogle però possiede anche sedi, uffici, veri e propri campus in cui va curato il benessere delle persone più che dei server. Per questo motivo gli sforzi spesi in tal senso hanno portato alla realizzazione di numerosi programmi bike-to-work, alla costruzione di edifici “green” per un totale di 420 000 metri quadrati, all’introduzione di navette e trasporti elettrici che consentono di risparmiare l’uso di 2000 auto ogni anno per un totale di 22 500 000 km, all’installazione di un impianto fotovoltaico da 3 000 000 di kWh nel solo campus di Mountain View. Le spese sostenute arrivano ad un ammontare di 915 milioni di dollari.

Il nostro contributo - Gli utenti finali che utilizzano la tecnologia Google possono leggere ed essere informati degli sviluppi ecologisti e del lavoro fatto fin ora. Le imprese e le organizzazioni che invece si avvalgono di sistemi dedicati ed interni dovrebbero invece riconsiderare, anche in termini di impatto ambientale, le loroinfrastrutture IT: scegliere la suite Google Apps è infatti il modo più semplice ed economico di aderire ad una soluzione eco-friendly e più rispettosa delle necessità del pianeta.
Nei soli Stati Uniti, uno studio condotto sull’ U.S. General Services Administration ha stimato che l’utilizzo delle Google Apps da parte dei suoi 17 000 dipendenti abbia portato ad un calo di circa il 90 percento del consumo elettrico e di approssimativamente 85 percento per quanto riguarda il rilascio di anidride carbonica, con un risparmio annuale monetizzabile in 285 000 dollari.Tutti questi risultati sono possibili perchè i servizi cloud incrementano il livello di sfruttamento delle macchine server minimizzando allo stesso tempo il consumo energetico.

Via | Google Official Blog
Etichette: cloud computing  • google apps  • green energy
Articolo scritto da Andrea Testa


venerdì 8 giugno 2012

sul Cloud Design


QOS 20 Gennaio 2011 - Lecture di Stefano Converso sul Cloud Design - Seconda parte: Il Cloud Computing from Istituto Quasar on Vimeo.


Lecture sul Cloud Design a cura di Stefano Converso, Architetto e Web Community Manager che lavora sul tema dell’integrazione tra processi progettuali e tecnologie digitali in rete. Primo appuntamento di Quasar Outer Space / / / Oltre Spazio Quasar, la rassegna di eventi culturali promossi dall'Istituto Quasar nel 2011, che rappresentano la risposta all’attuale tendenza evolutiva nel lavoro, nell’arte e nella vita, che sta rendendo sempre più incerto il concetto tradizionale di professione.
Il Cloud computing. Oggi i dati non risiedono più sul computer ma in una "nuvola" di dati che alimenta una serie di soggetti che le ruotano intorno. Questa struttura non è solo tecnologica, ma può essere utilizzata anche in ambito architettonico. Stefano Converso propone uno schema di modello tridimensionale, realizzato sulla base di una slide proposta a Londra durante la Conferenza "Manufacturing diversity".

Next, lo spettacolo dell'innovazione

/relatori
Next, lo spettacolo dell'innovazione | Ecco i 30 italiani che ci cambieranno la vita http://www.medinitaly.eu/

Next, lo spettacolo dell'innovazione Ecco i 30 italiani che ci cambieranno la vita       Scrivendo il futuro: Bauman   - Petrini   - GiddensDomenica 17, dalle 11 alle 17, all'Arena del Sole, un gruppo di inventori, imprenditori e sognatori ci diranno come sarà il nostro futuro. Parleranno di città intelligenti, reti di persone e scienza aperta e di quello che stanno facendo per noi di RICCARDO LUNA

martedì 15 maggio 2012

Pune Mirror


Italian designs on architecture students

Architects and profs from Italy are in town for workshops on digital architecture by BNCA

Spandan Sharma

Posted On Sunday, May 13, 2012 at 03:33:06 AM

Mahendra kolhe
Architect Stefano Converso with
students during Saturday’s workshop
With digital forms of storing and transmitting information becoming increasingly prevalent across industries, it is hardly surprising that the digital trend has found its way into the field of architecture as well.

The Dr Bhanuben Nanavati College of Architecture (BNCA) is hosting a series of workshops on digital architecture, the first of which began on Saturday. The college offers an M.Arch degree in digital architecture.

Italian architect Stefano Converso says, “It is not enough to create designs virtually, you also need to find people capable of translating these designs into finished structures.”

Ingrid Paoletti, assistant professor, BEST Department from Politecnico di Milano, Italy, agrees. “Universities and colleges are the perfect place to explore the full capacity of this nascent field,” she says. Converso and Paoletti are in town for the weekend as part of a workshop organised for BNCA students on ‘Digital Technologies for Component Design’.

Converso adds, “On Friday, I had gone with Ingrid to buy fabric. Incidentally, we liked the same piece. When we asked the shopkeeper for two pieces, he refused! He said they didn’t have two pieces that were exactly alike. Now imagine that kind of customisability and personalisation in architecture.”

Anurag Kashyap, principal, BNCA, elaborates, “The greatest advantage of digital architecture is that it lets you measure all potential variables during the creation process itself. You can design a structure and test it by all possible parameters such as environmental impact and weather.”

Converso sums it up succinctly, “Digital architecture is inevitable. 15 years from now, I believe the prefix ‘digital’ will be dropped and it will be the only form of mainstream architecture.”

Con forme digitali di memorizzazione e la trasmissione di informazioni, diventando sempre più diffuso attraverso le industrie, è affatto sorprendente che la tendenza digitale ha trovato la sua strada nel campo dell'architettura come bene.Il dottor Bhanuben Nanavati College of Architecture (BNCA) ospita una serie di workshop sull'architettura digitale, il primo dei quali ha avuto inizio il sabato. Il Collegio offre un grado di All'Accademia nell'architettura digitale. Architetto italiano Stefano Converso dice, 'non è sufficiente creare disegni virtualmente, è anche necessario trovare persone in grado di tradurre questi disegni in strutture finiti.' Ingrid Paoletti, assistant professor, Dipartimento BEST, Politecnico di Milano, Italia, accetta. 'Università e College sono il luogo ideale per esplorare la piena capacità di questo campo nascente,' dice. Converso e Paoletti sono in città per il fine settimana, come parte di un workshop organizzato per gli studenti BNCA su 'Tecnologie digitali per la progettazione del componente'.

Converso aggiunge, 'il venerdì, ero andato con Ingrid acquistare il tessuto. Per inciso, ci piaceva lo stesso pezzo. Quando abbiamo chiesto il negoziante per due pezzi, si è rifiutato! Ha detto che non hanno avuto due pezzi che sono stati esattamente uguali. Ora immaginate quel tipo di personalizzabilità e la personalizzazione nell'architettura.'  Anurag Kashyap, principal, BNCA, elabora, 'il più grande vantaggio di architettura digitale è che esso consente di misurare tutte le possibili variabili durante il processo di creazione. È possibile progettare una struttura e testarlo da tutti i possibili parametri quali l'impatto ambientale e meteo.'  Converso riassume brevemente, 'architettura digitale è inevitabile. 15 anni da oggi, credo sarà eliminato il prefisso 'digitale' e sarà l'unica forma di architettura tradizionale'.

Architetti e PROFS dall' Italia sono in città per laboratori di architettura digitale di BNCASpandan Sharma | Inviato il Domenica, 13 Maggio 2012 alle 03:33:06 AMMahendra kolhe-Architetto Stefano Converso con studenti durante il workshop di SabatoCon forme digitali di memorizzare e trasmettere informazioni sempre più diffusa tra le industrie, non c'è da stupirsi che la tendenza digitale ha trovato la sua strada nel campo della architettura.Il Dr Bhanuben Nanavati College of Architecture (BNCA) ospita una serie di workshop di architettura digitale, il primo dei quali ha avuto inizio il Sabato. Il collegio offre una laurea in architettura M.Arch digitale.Architetto italiano Stefano Converso dice: "Non è sufficiente per creare progetti virtualmente, è inoltre necessario trovare persone in grado di tradurre questi disegni in strutture finiti."Ingrid Paoletti, professore assistente, Dipartimento BEST del Politecnico di Milano, l'Italia, è d'accordo. "Le università ei college sono il luogo ideale per esplorare la piena capacità di questo settore emergente," dice. Converso e Paoletti sono in città per il fine settimana come parte di un workshop organizzato per gli studenti BNCA su 'Tecnologie digitali per la progettazione dei componenti.Converso aggiunge, "Venerdì, ero andato a comprare con Ingrid tessuto. Per inciso, ci è piaciuto lo stesso pezzo. Quando abbiamo chiesto al negoziante per due pezzi, si è rifiutato! Ha detto di non avere due pezzi che erano esattamente uguali. Ora immaginate che tipo di personalizzabilità e personalizzazione in architettura. "Anurag Kashyap, principale, BNCA, spiega: "Il più grande vantaggio di architettura digitale è che consente di misurare tutte le variabili possibili durante il processo di creazione stesso. È possibile progettare una struttura e testarlo da parte di tutti i possibili parametri come l'impatto ambientale e agli agenti atmosferici. "Converso riassume succintamente, "Digital architettura è inevitabile. 15 anni da adesso, credo che 'digitale' il prefisso verrà abbandonato e sarà l'unica forma di mainstreamarchitettura. "
digital-technologies-for-component-design-international-workshop-in-digital-architecture