lunedì 5 novembre 2012

Benvenuto alla casa

Benvenuto a casa, Mr. RFID
di Bruce Sterling
Le prime immagini visionarie di «smart building» erano basate sui modelli di automazione classici del xx secolo:con un'intelligenza artificiale poco costosa e infaticabile si poteva avere un «custode» ideale. Tuttavia le abitazioni intelligenti si sono rivelate un fallimento, poiché l'intelligenza artificiale non ha mai funzionato davvero.
Da allora sono stati compiuti enormi passi in avanti nella tecnologia software per la progettazione edile, nell' acquisto on-line e nel settore della logistica digitale relativa alla spedizione dei materiali. Alcune aziende di software aspirerebbero addirittura alla «gestione totale del ciclo di vita». Nonostante questi progressi, la casa intelligente non è mai divenuta realtà: l'impatto diretto della tecnologia digitale sulle persone o sugli ambienti intemi è stato quindi relativamente limitato.

La situazione potrebbe però cambiare. I motori di ricerca sono applicazioni molto più potenti delle false promesse dell'intelligenza artificiale. Google è dappertutto e, con le sue catalogazioni di termini ricercati su internet, traccia con estrema precisione la mappa digitale dell'intero pianeta. Google Sketchup armeggia addirittura con la progettazione edile. Sebbene l'ipotesi di una «smart house» non sia realistica, quella di una «searchable house» sembra più plausibile. 
Un comune motore di ricerca individua, nella rete, stringhe, tag o parole. Un «locative engine», un motore di ricerca legato a un preciso ambiente fisico, individua invece segnali elettronici emanati da oggetti reali in uno spazio tridimensionale. Basta combinare questi due strumenti e la pratica dell' architettura, da sempre incentrata sullo spazio e l'assemblaggio di elementi materiali, appare trasformata.
Un tag Radio Frequency Identitification (RFID), detto anche «Arfide», è un chip di silicone molto piccolo e poco costoso provvisto di una minuscola antenna radio. Tutti i tag Rfid sono identificabili perché sono stati originalmente inventati per sostituire i codici a barre. Alcuni chip dalle dimensioni maggiori e con più funzioni,come i Real Time Location System (RTLS), possono anche essere collocati fisicamente nello spazio e piazzati sugli oggetti. In tal modo i computer potrebbero tenere dei registri di attività degli oggetti relativi alloro campo d'applicazione nello spazio e nel tempo, trasformando la casa in una miniera di dati.

L'architettura «Arfide» potrebbe apparire all'occhio umano come nulla di sensazionale,ma un computer la vedrebbe come un lento accumularsi di elementi etichettati con la tecnologia digitale, come un' architettura di informazioni ordinate in termini di spazio. Il sito dell'edificio potrebbe essere identificato grazie alla tecnologia satellitare Gps e ai servizi di mappatura presenti su internet. La struttura sarebbe definita sia dal suo «blueprint» digitale sia da un preciso inventario di ogni elemento. I servizi, i tubi e l'impianto elettrico sarebbero anch' essi registrati, etichettati e resi visibili al computer anche attraverso i muri. Il piano degli spazi si rivelerebbe attraverso i movimenti degli oggetti e delle persone all'interno della struttura. Nulla andrebbe perso in questa rete di «localizzabilità».
Le persone non dovranno più ricordarsi dove hanno messo le loro cose, dovranno semplicemente chiederlo al computer, il quale, in modo alquanto «koolhaassiano», documenterà la struttura e gli oggetti in essa contenuti, come un flusso di spazi al rallentatore.
Come prevede il teoricoAdam Greenfield, in una simile prospettiva lo spazio sarà suddiviso in scale di grandezza che andranno dal «bodyware», ovvero gli oggetti sulla persona stessa, a quelli nella stanza, in strada, nella città, nella nazione e nel mondo intero, producendo così enormi serbatoi di metadati ordinati in scale frattali.

A un'innovazione radicale, in genere, segue poi il classico percorso di adattamento.Inizialmente, è applicata sull'oggetto come un elemento accessorio, poi viene inserita al suo interno e, infine (se l'innovazione si dimostra convincente), i mezzi di produzione vengono nuovamente ingegnerizzati per far fronte a questa nuova potenzialità. Ad oggi, i tag Rfid rappresentano una tecnologia logistica di nicchia, ma sono dotati di un notevole potenziale architettonico, considerando che gli edifici non sono altro che elementi assemblati in uno spazio olistico. I moderni chip Rfid sono piazzati su etichette di carta adesiva. Si tratta di una tecnologia «slap and ship» (termine riferito al l'attività di posizionamento dei chip stessi sulle merci, prima che queste escano dal magazzino del fornitore e siano spedite a quello del distributore) molto simile a quella del codice a barre elettronico.

Oggi sono una specie di ornamento della superficie degli oggetti, ma in un futuro potrebbero essere inseriti negli oggetti stessi,in tutti gli oggetti. Mattoni, travi, singole piastrelle... Potrebbero anche essere applicati mischiandoli alla vernice. Un' architettura «Arfide» veramente consolidata potrebbe persino superare la fervente immaginazione di Archigram. Una Googleopoli, una città pop-up ispezionabile, in cui ogni elemento della struttura, dalle tegole rotte al1'oscurità freudiana della rete fognaria, potrebbe essere inventariato con un semplice click del mouse. Un edificio «Arfide» si comporterebbe come una sorta di Wikipedia congelata. Non avremmo più una casa cablata , bizzarria di un periodo ormai dimenticato da tempo, bensì un network globale di spazi in grado di offrirci un riparo.